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Prof. Galli, infettivologo Sacco di Milano: «Rischio nuove zone rosse se “sbraghiamo” proprio ora»


[PODCAST]

Il prof. Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano in diretta su Radio Sonica in merito agli ultimi sviluppi sulla situazione Coronavirus in Italia. Le dichiarazioni:

 

«Sappiamo che è molto sotto pressione la situazione nel suo ospedale…»

 

«Si, ma questa pressione è diminuita, dato migliore degli ultimi 30 giorni. Cominciamo a vedere i risultati reali della condizione in cui tutti ci siamo messi, ovvero accettando di stare confinati a casa, che è stata la madre di tutte le battaglie per diminuire il rischio dell’espansione del virus ed unico motivo per cui la Lombardia sta andando meglio. Ci sono molti positivi in casa che inevitabilmente continuano in senso domestico a mantenere viva la diffusione. È una questione che va gestita bene per evitare una seconda ondata; questo lo si può fare cercando di stare ancor “piu vicino” ai pazienti rispetto a quanto fatto fino ad ora, così da soffocare i fuocherelli che tutt’ora ci sono, come a Milano».

 

«Questi giorni sentiamo parlare di Fase 2, nella cui bisogna fare secondo gli specialisti tamponi a tappeto. Cosa succederà a chi non è positivo, che dobbiamo aspettarci?»

 

«È tutto da discutere. Dobbiamo programmare senza commettere sbagli senza anticipare che è diabolico, sennò potremmo trovarci pesanti sorprese. Come dicevo si può programmare, ma con cauto ottimismo.
Non possiamo fare tutti i tamponi che le circostanze esigerebbero. I test stessi sono complementari ai tamponi, bisogna gradualmente rimandare al lavoro le persone a seconda delle opportunità, ma con tutte le dovute precauzioni: mascherine, guanti e distanze di sicurezza. Per chi si potrà accertare la guarigione ovviamente ci sarà una possibilità molto più libera di movimento. La valutazione del test rapido, più la negatività del tampone, questo è ciò che potremmo ragionevolmente fare per garantire una maggiore sicurezza, ciò non significa che sia il meglio, ma è il massimo, per affrontare ragionevolmente con le capacità in nostro possesso oggi e riducendo in maniera drastica il numero di tamponi che altrimenti si renderebbero necessari, che sono il collo di bottiglia del sistema che rischia di non permetterci una rapida ripresa».

 

«Professore è intervenuto nella nostra radio consorella, Tele Radio Stereo, il professor Viecca primario di cardiologia nel suo ospedale (Sacco di milano n.d.r.) e ha usato termini abbastanza forti: “se facciamo tutto come va fatto, forse per metà Agosto arriviamo a zero contagi. Se sbagliamo si parla di Natale.” secondo lei ha usato termini un po’ forti o condivide questa visione prospettica?»

 

«Io mi auguro si possa fare anche prima di Agosto, però ha indubbiamente ragione nel dire che se le cose non vengono fatte per bene, pensando di potersi lasciare questa questione alle spalle prima del dovuto, allora potremmo trovarci nei guai. Qui la scommessa vera è che nelle aree del paese meno colpite le cose si fermino a come sono adesso. In caso contrario potremmo trovarci ad una seconda ondata con nuove zone rosse, sennò ha ragione Viecca quando dice che rischiamo di andare più in la con i tempi. Credo che questi primi segnali indichino che la via intrapresa possa però funzionare».

 

«Riguardo la questione mascherine, ci può dare delle delucidazioni in merito: servono anche al netto del distanziamento sociale e in merito a quelle prodotte in casa o all’utilizzo di sciarpe e foulard?»

 

«Sono d’accordo con l’indicazione data in Lombardia, sarei stato ancor più d’accordo la si fosse data dopo aver avuto la già acquisita certezza della disponibilità delle mascherine per tutti. Meglio comunque tentare di coprirsi il volto in assenza di queste. Ieri recatomi in un supermercato per quanto tutto sia molto disciplinato, c’erano code chilometriche. C’è chi si dice vada a comprare poche cose per poter avere la scusa di uscire di tanto in tanto, ma c’è anche chi fattivamente non può permettersi determinate spese in una singola tranche, per cui le contraddizioni ci sono da questo punto di vista. La stessa chiusura dei supermercati la Domenica pomeriggio, viste le code che ci sono sarei più propenso, magari sbaglio, ad un’apertura prolungata. Sarebbe giusto stabilire anche dei criteri per andare al supermercato in modo che le persone vadano ma scaglionate, magari per iniziale del cognome, ma questa è un’idea detta così…»

 

«Lei aveva mai visto nulla di simile nel suo percorso professionale?»

 

«Sono laureato dal 1976 e stò nelle Malattie Infettive dal 1978 ne ho viste di tutti i colori: l’AIDS che era tutta un’altra storia per quanto fosse drammatica nelle sue origini, ho visto l’Ebola in Africa, ma questa cosa qua in questi termini è la prima volta… ho visto la SARS ma abbiamo avuto uno o due casi qui da noi (Ospedale Sacco Di MIlano n.d.r.) e altri due in tutta Italia quando c’è stata. Così è la prima, non c’è niente di paragonabile, neanche lontanamente paragonabile l’H1N1 la pandemia influenzale del 2009».

 

«Il governo viene accusato di aver passato la mano a medici e tecnici; la politica è però vero, che forse aveva inizialmente sottovalutato il problema. Secondo lei è un momento in cui la politica deve affidarsi a voi tecnici, oppure dovranno riprendere in amno la situazione per tener fronte anche all’aspetto finanziario, ad esempio?»

 

«Ognuno ha il suo ruolo. Il tema di una dirigenza politica deve essere: sapere chi ascoltare e in che termini farlo per prendere delle decisioni, perché le responsabilità gestionali ovviamente le competono.
Chiaramente in ambito scientifico non sempre si è stati appuntati nel dare opinioni e pareri. Non sta a me in questo frangente mettere sulla lavagna i buoni ed i cattivi, però di posizioni confusive se ne sono sentite più di una. Questa da subito si è dimostrata per i veri addetti ai lavori come una vera minaccia subito percepita come tale appena si è verificata in Cina. Sono il primo a dire di essermi illuso, e con me praticamente tutti compresi gli addetti ai lavori con competenze scientifiche, sul fatto che verso la seconda metà di febbraio si fosse messa bene. Tutti ci dicevamo ‘A meno che…’ e purtroppo quella eventualità è quella che si è verificata, ossia che il virus ci arrivasse non dalla Cina da dove lo aspettavamo, ma attraverso un passaggio per un paese Schengen. Questo ci ha colti nella situazione di impossibilità di evidenziarlo prima di vedere una serie di malati che ci sono arrivati addosso a plotoni e poi a regimenti, con la necessità di un immediato ricovero».

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